I Bianchi, Carlo Zauli
Curate e progetto espositivo per la mostra sui Bianchi di Carlo Zauli alla Pinacoteca di Città di Castello, Palazzo Vitelli alla Cannoniera.
In collaborazione col Museo Carlo Zauli, Atlante Servizi e Comune di Città di Castello.
Non si capirebbe fino in fondo la storia della scultura del Novecento se non si considerassero come fondamentali alcuni protagonisti che sono ricorsi alla materia ceramica con i loro specifici linguaggi plastici, da Marino Marini a Leoncillo, da Lucio Fontana a Carlo Zauli.
Il punto centrale della poetica di Carlo Zauli potrebbe incentrarsi nella “terra come naturalità”.
Ma si deve intendere “naturalità” non come naturalismo. Si tratta piuttosto di un equivalente visivo carico di rimandi, di memorie culturali, di assonanze linguistiche, ma al tempo stesso denso di implicazioni psicologiche.
Tale processo di sintesi é amplificato dall’uso prevalente di una sola texture costituita da superfici materiche, tutte tendenti alla monocromia del bianco poi conosciuto come “Bianco Zauli”, di cui ha colto le più inedite possibilità. Uno smalto spesso, mutevole, vibrante, poroso, vetrificato.
Le molteciplità espressive, fortemente materiche, si uniscono alla tendenza di azzeramento cromatico, alla ricerca del “silenzio”.
Il Bianco diventa vuoto, assenza, smaterializzazione spazio-temporale, ricerca di un “tempo assoluto”, con aspetti lirici e neoetici.
Zauli insegue l’assoluto, il bianco é una scelta univoca ma, insieme, é rappresentazione degli infiniti aspetti del mondo come le sue molteplici varianti. Il bianco assume infiniti viraggi e toni, microstrutture, dalla materia gravida di virtualità, a grana differenziata, tessuta di impurità. Il bianco diventa una proposta di universo, un’avventura all’interno di infinite variabili.